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architettura dal mondo

L’architetto in viaggio, appunti per un’architettura dal mondo

“Viaggiare è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica.

L.F. Céline

Il viaggio è formazione, esperienza, conoscenza, incontro, scambio, cultura, visione.

Ogni viaggio accresce un po’ di più la consapevolezza sul mondo, a patto di viaggiare davvero. Tanto è stato detto e scritto sull’importanza del viaggio nella formazione dell’essere umano e l’ambito dell’architettura non fa eccezione. Per un architetto viaggiare è un qualcosa di necessario, molto di più di un’appendice o del ritaglio di un momento libero. Viaggiare è conoscere. E la prima cosa che si conosce viene dal senso della vista: è lo sguardo il primo approccio con l’architettura dal mondo. Perché sì, tutto il mondo è una grande architettura, disegno del passaggio di civiltà, religioni, guerre, narrazione di momenti di opulenza ma anche di progettazione ingegnosa in momenti difficili. L’architettura dal mondo è un fatto umano e all’architetto l’onore e l’onere di conoscerla per portare, all’interno della sua progettazione, la diversità e la bellezza che rendono unico qualsiasi progetto.

Per un architetto viaggiare è esigenza di compiere esperienza del costruito, di come si progetta e si compone lo spazio. Dei pieni e dei vuoti.

Ogni angolo di mondo vede lo spazio nella propria accezione culturale che si riflette nelle relazioni che si instaurano al suo interno, nel modo in cui le persone lo attraversano, nel modo in cui comunicano tra loro lo spazio pubblico e quello privato. Non c’è una rappresentazione unica dello spazio. Per questo l’architetto viaggia e prende appunti di architettura dal mondo: scopre nuove funzioni e soprattutto, viene investito di nuovi stimoli. Osservare è essere stimolati: è l’immagine che, fisica, colpisce gli organi di senso suscitando una reazione in chi l’ha vista. Non si viaggia per occupare del tempo ma per ricordare, per trattenere una suggestione, un lampo che può ampliare tutta una visione, arricchendo il lavoro di progettazione attraverso la sintesi di quanto appreso nel viaggio.

Ricordare, non copiare.

Sulle orme del Grand Tour: il senso del viaggio di ieri e di oggi

Il Grand Tour è stato considerato viaggio di formazione per eccellenza e ha scandito e indirizzato l’educazione della gioventù aristocratica europea a partire dal XVII secolo. Destinazione d’elezione era l’Italia con il suo immenso patrimonio artistico e culturale la cui conoscenza era necessaria per qualsiasi giovane progettista che volesse conoscere il mondo antico.

La pratica del viaggio come momento di formazione non si è esaurita ma continua anche nella contemporaneità. Potranno anche essersi velocizzati i mezzi di trasporto e le comunicazioni, aumentati gli agi, ma il fascino di scoprire nuovi mondi e nuove culture rimane immutato. Le città sono fonte inesauribile di testimonianze delle architetture dal mondo e degli stili che trovano cittadinanza per merito di architetti visionari, capaci di progettare strutture ed edifici che meritano di essere visti e che hanno ridisegnato il profilo delle città.

Tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo molte città europee hanno avviato una nuova fase di sviluppo delle loro architetture. Negli anni recenti famosi “archistar” e studi emergenti hanno ridisegnato il profilo di molte città europee, rendendole centrali nello studio dell’architettura della contemporaneità.

Rotterdam ad esempio pur essendo la seconda città dei Paesi Bassi non ha nulla da invidiare alla capitale Amsterdam ed è diventata un vero e proprio laboratorio d’architettura. Il suo skyline è dominato architetture iconiche come il De Rotterdam, ovvero il complesso di tre torri interconnesse con diverse destinazioni d’uso concepite come una “città verticale” in acciaio o il nuovo Municipio, progettati entrambi dall’architetto Rem Koolhass. Qui la ricerca non ha investito solo le grandi architetture. A Rotterdam sono stati sviluppati nuovi modelli di architettura privata abitativa come le Case Cubiche, progettate da Piet Blom negli anni ’70 del Novecento, dall’inconfondibile forma di cubo rovesciato e di diversi colori o il Prinseland, il complesso residenziale progettato da Mecanoo all’inizio degli anni novanta; modelli diversi di uno stesso nuovo modo di approcciare l’housing contemporaneo.

Le architetture dal mondo raccontano di città che sono state cantieri a cielo aperto. Uno dei casi più emblematici è sicuramente quello di Berlino: quasi rasa completamente al suolo nel corso della Seconda Guerra Mondiale, divisa poi da un Muro e riunificata ‘soltanto’ trent’anni fa.

La ricostruzione architettonica è stata figlia dello scontro di diverse correnti ed è stata un lunghissimo laboratorio d’architettura costruita dove i più grandi architetti del mondo si sono confrontati sul tema della ricostruzione non solo e non tanto degli immobili, ma di uno spazio per l’uomo. Una città con i suoi simboli, le sue piazze, le sue abitazioni.

La Cupola del Reichstag, opera di Foster e Partners e gli edifici di Potsdamer Platz, progettati da Renzo Piano sono diventati il simbolo della nuova Berlino. Ma non solo di simboli è fatta una città. L’architettura residenziale è stata tra le più studiate e sperimentate, basti pensare al Quartier Schützenstraße di Aldo Rossi ad esempio o all’architettura residenziale di Herman Hertzberger nella Berlino est.

Berlino è manifestazione plastica di una città in cui vivi e prepotenti sono i segni della storia, il passaggio di culture intese come potere, dominazione e guerre con una conseguente devastazione anche dal punto di vista architettonico.

Molte sono le città che condividono questo destino, colorandosi di diverse sfumature: tra tutte, Istanbul, luogo di contaminazioni e fonte inesauribile di studio delle architetture dal mondo.

Architettura dal mondo: Istanbul porta d’Oriente nella vista del Bosforo

Istanbul, Bisanzio, Costantinopoli e meno frequentemente Nuova Roma.

Una città ricchissima di storia e testimonianze di ogni genere. È porta di Oriente nei confronti dell’Occidente e viceversa. Lo stretto del Bosforo, dividendola, ne culla l’identità, fluida e fluente e traghetta in città odori, colori, suoni, usanze dei due continenti. Perché Istanbul è l’unica metropoli al mondo ad appartenere a due continenti, Europa e Asia.

Per un architetto Istanbul è terra di tesori delle architetture dal mondo e ciascuna di esse è racconto della storia che l’ha attraversata. Si trovano strutture genovesi di epoca medievale, come la Torre di Galata, accanto a opere risalenti all’Impero Romano, come l’Acquedotto di Valente perla di ingegneria antica. Si alzano gli occhi al cielo e gli angoli della città sono scolpiti dalle architetture bizantine e ottomane, Sant’Irene e Santa Sofia incrociano due sguardi diversi, condividendo lo stesso spazio, la stessa luce, la stessa aria ma due destini che le separano.

Gli scorci dal Bosforo sono una vertigine nel vero senso della parola. Lo sguardo è preso, catapultato in una frazione di secondo da Occidente a Oriente, da commerci, scambi, incontri. È sulle sue acque benedette da una posizione strategica che si è sviluppata questa città che è un miracolo di contraddizioni. Fonte di ispirazione nelle sue linee che inseguono progetti complessi, dove spazio e luce indicano la rotta di un viaggio destinato a non finire mai.

Un viaggio che va dall’antichità alla modernità, dalle antiche case in legno e decadenti patrimonio UNESCO, fino ai più moderni musei e centri direzionali progettati da architetti internazionali che fanno della contaminazione il segno di questa città.

Istanbul rimane lì a specchiarsi nel Bosforo, prima verde e poi azzurro, tra un passato irripetibile e un futuro che, inesorabile, corre veloce.

Città sospesa tra due mondi e tra due ere che forse per questo è sintesi irrisolta di molte contraddizioni.